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WORK LIFE BALANCE IN VERSIONE EXPAT

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Work-Life-Balance-Sign-post-by-Stuart-Miles

Ho scritto molto, nei primi tempi di questo blog, di work-life-balance, ovvero di quella sorta di frullatore infernale che, in questa vita moderna, rischia di trasformarsi la vita delle famiglie con figli, soprattutto quando entrambi i genitori lavorano, magari addirittura tutti e due a tempo pieno. Ho scritto e letto tantissimo sull’argomento, articoli di “esperti” e non, commenti vari, blog professionali e di altre donne/mamme. Ho scritto anche considerazioni super-personali, le mie, per come mi è capitato di vivere la problematica da neo-mamma lavoratrice in una grande città del nord, priva del classico paracadute tutto italiano dei nonni baby-sitter a “portata di porta”.

Poi ho smesso, fondamentalmente perché ho smesso di essere, quasi dall’oggi al domani, una “mamma lavoratrice in una grande città del nord”, per trasformarmi in una mamma-expat, categoria di cui non sapevo praticamente nulla fino al giorno in cui ho messo per la prima volta piede a Zurigo, Svizzera. Ma, a dire il vero, ho smesso anche per un’altra ragione, sempre estremamente personale e soggettiva, e cioè che sono arrivata a pensare che tutte le infinite parole che si spendono su questo tema siano per lo più inutili, o meglio, abbiano il solo scopo di “consolare” parzialmente le portatrici di questa problematica (perché, sappiamolo, i padri non entrano mai davvero in questa discussione), facendole sentire meno sole e parte di un nutrito gruppo in cui il mal comune è il pane quotidiano.

Le soluzioni, ammesso che esistano, restano altrove, ben lontane dalla latitudine Italia e, in verità, anche Svizzera, pare, se è vero che il piccolo Paese modello a nord delle Alpi ha parecchi irrisolti problemi con l’occupazione femminile, pur se il lavoro part-time è praticamente la regola per le donne con figli, ma dove paiono essere sempre più numerose le signore che rinunciano totalmente a lavorare fuori casa, a vantaggio di una vita concentrata full-time sui quattro o cinque bambini da crescere, magari possibilmente lontano dalla città.

La mia situazione di donna-moglie-madre-expat, e come me di tantissime donne che qui in Svizzera e nel mondo si trovano in questa condizione, è obiettivamente diversa, basandosi su una scelta familiare pianificata a prori, nell’ambito della quale è noto in partenza che trovare un’occupazione nel luogo di destinazione potrà non essere affatto facile, sia per le evidenti lacune linguistiche (e salvo coloro che già conoscono bene la lingua del Paese di destinazione), ma anche per le solite, identiche, questioni ricordate sopra: le evidenti difficoltà di conciliare tempi e luoghi dell’attività lavorativa propria, con quelli del coniuge, con le esigenze di accudimento dei figli e la mancanza della disponibilità di supporti familiari per il soddisfacimento delle altre esigenze ed emergenze quotidiane.

Vi è certamente una fondamentale differenza: nel momento in cui una famiglia decide di trasferirsi all’estero normalmente conta sul fatto che il reddito derivante dall’attività retribuita di uno solo dei suoi componenti sia quanto meno sufficiente al proprio dignitoso mantenimento, cosa niente affatto scontata in patria. Restano, però, anche in questi casi, numerose questioni aperte su temi meno “materialistici” del soddisfacimento di tutte le bocche da sfamare: le esigenze personali di molte donne, spessissimo con titoli di istruzione superiore e con anni di esperienza lavorativa alle spalle, che si trovano improvvisamente catapultate in un mondo alieno di bambini da accudire full-time, panni da lavare e stirare, pasti da preparare, lavori domestici da evadere, come neanche nel 1800. Si tratta certamente di un grosso cambiamento, che viene vissuto da ciascuna a suo modo, come può, e spesso in modo non così indolore. 

Perché è evidente che, ormai, il WLB è un tema che coinvolge tutte, anche quelle che un lavoro (retribuito) non ce l’hanno, soprattutto se si trovano a vivere a centinaia, migliaia, o decine di migliaia di chilometri da quella che, una volta, era la loro casa.

(Immagine tratta da www.forbes.com)


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